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Turismo etico: intervista all’etologa Chiara Grasso

Tempo di lettura: 8 minuti

Viaggiatori responsabili all’ascolto?

Oggi parliamo di Turismo etico e responsabile con l’Etologa e guida Safari, Chiara Grasso, presidente dell’Associazione di Etologia Etica® ETICOSCIENZA®. Sono contenta che Chiara si sia raccontata nel mo blog perché ora più che mai c’è bisogno di divulgazione e consapevolezza. Se riprenderete a viaggiare “come se non ci fosse un domani”, fatelo con responsabilità, please!

Ciao Chiara, innanzitutto, raccontaci un po’ di te…

Sono Chiara Grasso, classe 1992, torinese.
Sono pioniera dell’Etologia Etica® in Italia e fondatrice e presidente dell’Associazione di divulgazione naturalistica ETICOSCIENZA®. Sono laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche e successivamente, data la mia passione per il mondo animale, ho deciso di specializzarmi al corso di laurea magistrale di Evoluzione del Comportamento Animale e dell’Uomo (Etologia) presso l’Università di Torino. Attualmente mi occupo di educazione ambientale, divulgazione, ricerca scientifica nella zoo-antropologia (rapporto Uomo e altri animali), sono guida ambientale in Piemonte e guida Safari in Africa. Mi occupo di consulenza scientifica per viaggi ambientali etici – ovvero: “come essere viaggiatori sostenibili, senza sfruttare animali, persone e natura”  e proprio di questo tema ho parlato al TEDx Talk di Rovigo con un intervento dal titolo “quello che non vi dicono sul turismo con gli animali”
Chiara al TedX di Rovigo
Chiara al TedX di Rovigo

Come è nata la tua passione per gli animali selvatici? e per l’Africa?

Fin da piccola sono sempre stata una “zingara” in Natura. A 7 anni mio papà venne trasferito in Sardegna per lavoro e per due anni ebbi finalmente la fortuna di vivere tra le colline ed il mare, come una bambina della foresta. Camminavo scalza, dormivo per terra sotto gli alberi in simbiosi con il mio cane. Penso che lì sia nata la mia passione per l’Africa in un modo del tutto inconscio e profondamente radicato nell’anima. Dicono che la Sardegna sia l’Africa d’Europa e forse è vero. Poi ho viaggiato molto, anche da piccola con la mia famiglia e già a 15 anni sapevo che sarei andata in Africa “da grande”. Ho sempre amato gli animali. Ma li amavo in modo sbagliato. Sopratutto quelli selvatici. Avevo l’idea che per amarli dovessi interagire con loro e dimostrare loro il mio amore, nella MIA concezione, con abbracci, carezze, baci e interazione. Nella mia concezione ignorante di allora, non avevo mai preso in considerazione l’idea scientifica e più legata al turismo etico che un animale selvatico non abbia bisogno del nostro amore come lo intendiamo noi. Quello di cui ha bisogno l’animale selvatico è di rispetto. Rispetto della sua selvaticità.

Quante donne Guida Safari ci sono in Italia e quali sono le caratteristiche per diventarlo?

Molto poche. Purtroppo. Sopratutto quelle certificate FGASA. Piccolo excursus importante: FGASA è l’UNICA certificazione ufficiale per lavorare come guida safari in SudAfrica. Diffidate da tutti quei corsi in italiano che vi promettono di diventare guide safari con qualche lezione in Italia e un breve tirocinio in Africa. L’unica certificazione riconosciuta dal governo sudafricano è FGASA ed è ottenibile solo attraverso un corso di minimo 3 mesi in Africa in una scuola di formazione riconosciuta dal Dipartimento del Turismo Sudafricano. Il corso prevede una formazione teorica e pratica su tutti gli argomenti della natura, dal riconoscimento del canto degli uccelli, alla geologia, primo soccorso, zoologia, botanica, ecologia, identificazione insetti, mammiferi, tracce e segni. Io ho seguito sia il corso base che la specializzazione per guida safari a piedi. Per questo è molto difficile che ci siano donne italiane certificate ufficialmente come guida safari. Ma possiamo! Siamo in grado e siamo anche brave! Le caratteristiche per diventarlo? Spirito d’adattamento sicuramente molto alto (dormire per terra in savana, bagno all’aperto, insetti, a volte non potersi lavare, mangiare le cose buone che abbiamo in Italia, essere in grado di camminare per km e km sotto il sole africano, ad esempio). Non aver paura di stare da sole, non aver paura di essere a volte più forti degli uomini e tener testa, non aver timore di abbandonare la base sicura e le comodità. Sicuramente poi sapere l’inglese è fondamentale, amare la Natura ed essere estroverse e con buone doti relazionali per approcciarsi ai clienti.

Turismo etico e viaggi responsabili: l’unico modo per salvare il pianeta. Quali sono i comportamenti desiderabili e quali sono le cose da evitare per rispettare i luoghi che visitiamo?

Bella domanda! Insieme al mio compagno Christian Lenzi, abbiamo appena scritto un libro, per Edizioni Sonda che dovrebbe essere pubblicato entro l’anno che si intitola proprio: “Viaggiare Green nella Natura”. Riassumere tutto in una breve domanda è davvero complicato ma ci provo. In mezzo a tutto questo marasma di attività e strutture a cui frega poco o niente del benessere animale, del turismo etico e della Natura, ci sono anche attività turistiche che apportano benefici agli animali e alla conservazione! In molti Paesi, per esempio, viene richiesto il pagamento di un ticket per l’ingresso nei Parchi Naturali. Con il ricavato si fa fronte alle spese di mantenimento e di gestione delle squadre antibraconaggio, ai progetti di ricerca e conservazione delle specie a rischio e alla promozione delle attività di educazione ambientale per le popolazioni locali a costo zero.
Negli ultimi anni, nuovi studi scientifici hanno dimostrato l’effetto positivo dell’ecoturismo sulla fauna selvatica. Il turismo responsabile ed ecosostenibile ha migliorato lo stato di conservazione di diverse specie a rischio d’estinzione (ad esempio per i pinguini africani e per molte specie di grandi mammiferi). Per fortuna, questa tipologia di turismo è in crescita e sempre più persone scelgono viaggi etici dall’impatto sull’ambiente più basso possibile.
Per essere turisti sostenibili, a mio avviso, basta seguire questii 10 pilastri del turismo sostenibile ed etico secondo noi di ETICOSCIENZA®
1. Rispettiamo il mondo animale: Visitiamo santuari o riserve naturali in cui non sia previsto alcun tipo di interazione tra turisti e animali selvatici, né recuperati, né nati in
cattività. Preferiamo il valore aggiunto dei santuari in cui sia possibile effettuare esperienze
di volontariato per i turisti all’interno della struttura.
2. Rispettiamo le culture locali: I percorsi e le visite a città, paesi e villaggi del posto
devono differenziarsi dal turismo di massa e privilegiare focus su tipiche attività e luoghi
locali e in cui non sia prevista alcuna banalizzazione o spettacolarizzazione delle
popolazioni. Evitiamo quindi, per esempio, di fotografare gli abitanti senza il loro consenso
e di partecipare a tour in cui vengono strumentalizzate le culture locali per mere ragioni di
business.
3. Rispettiamo l’ambiente e la società locale: Evitiamo grandi compagnie di hotel e
ristoranti. Preferiamo piccoli alberghi, locande, bed and breakfast e case di famiglie del
luogo. Privilegiamo strutture che siano le meno invasive possibile e che impieghino
lavoratori locali, con un adeguato trattamento umano ed economico.
4. Privilegiare prodotti e cucina locale: Sostenere e preferire cibo sostenibile e locale
che rispetti le varie diete differenti. In ogni caso, evitare cibo proveniente da allevamenti
intensivi ed esotico.
5. Ridurre al minimo l’impatto ambientale: Le attività promosse ed effettuate devono
essere a «impatto 1» per la Natura. Impatto 0 sappiamo essere impossibile, e visto che
miriamo alla perfezione credibile e alla sostenibilità fattibile, vogliamo che gli sport e le
attività promosse siano a impatto 1, cioè il minimo possibile. Pensiamo, ad esempio, al
consumo di suolo per la costruzione di impianti sportivi, alla deturpazione del paesaggio o
al dispendio energetico per il funzionamento di alcune infrastrutture durante i mesi
invernali. Molte attività, che ai nostri occhi sembrano innocue, in realtà hanno un’impronta
negativa sul nostro pianeta.
6. Preferire mezzi di trasporto sostenibile: No: emissioni eccessive di CO 2 (automobili,
aerei). Sì: biciclette, auto elettriche, bus, car sharing, treni.
7. Approccio etologico etico: Effettuare safari e camminate in Natura per scoprire fauna
e flora, con guide locali che non alterino gli ecosistemi e l’etologia degli animali (per
esempio, non cercare di attirare un animale notturno di giorno, non avvicinare animali con
cibo, non disturbare con rumori e macchinari).
8. Partecipazione alla conservazione e alla salvaguardia del territorio: Promuovere le
attività in cui ci sia un contributo dei turisti, diretto o indiretto, a programmi di
conservazione e/o ricerca sugli animali e la Natura o di beneficenza alle popolazioni locali.
In Italia, ad esempio, esistono diversi progetti di citizen science: si tratta di iniziative molto
interessanti in cui i cittadini possono vestire i panni degli scienziati per un giorno e dare il
loro contributo concreto. All’estero, invece, il pagamento del biglietto d’ingresso per
effettuare un’escursione all’interno di un Parco naturale porta benefici diretti alle specie
protette, all’ambiente, alla ricerca, all’antibracconaggio e anche, con il sostegno
dell’economia locale, al sostentamento degli abitanti del posto.
9. Contribuire socialmente: Favorire progetti educativi e di sensibilizzazione che
promuovano il volontariato organizzato da associazioni locali. Esistono tante possibilità
tramite le organizzazioni ambientaliste e umanitarie di dare il proprio contributo a sostegno
dei bambini orfani, malati o delle persone in difficoltà. L’educazione è lo strumento migliore
per la conservazione.
10. Promuovere il commercio locale ed equosolidale: Favorire l’acquisto di prodotti,
attività e cibo che condannino lo sfruttamento delle popolazioni, dei minori e che anzi,
usino il ricavato per campagne sociali.
Chiara in Africa | Guida Safari
Chiara in Africa | Guida Safari

Qual è l’esperienza più terribile di viaggio che hai vissuto e che i turisti continuano a sostenere?

“Era il 2015, di animali non sapevo nulla. Non avevo idea di cosa fosse il benessere animale: quello che avevo imparato fino ad allora era che gli animali non andavano picchiati e che avevano bisogno di amore. Così, presa dalla passione e dalla voglia di dare amore agli animali “in pericolo”, decisi di partire un mese per un progetto di volontariato con animali in Namibia con un’associazione di volontariato italiana.
La destinazione era un “santuario” sponsorizzato ovunque in Namibia: anche i vip lo sostenevano e pubblicizzavano e nella mia ignoranza di allora credevo che questo volesse dire qualità. Ora so che spesso è l’esatto opposto.
Per stare lì pagavo 400 $ a settimana. Per un mese alla fine avevo investito circa 2000 €. Eravamo una ventina di volontari e ognuno di noi aveva pagato quella cifra, o di più. Insomma, un business niente male. Le mansioni che ci avevano assegnato erano di pura manovalanza: pulire le gabbie di galline, facoceri e babbuini, preparare il cibo, costruire le staccionate, tagliare l’erba. In cambio, ci veniva “regalata” l’esperienza di dormire con una scimmia a testa ogni notte, di poter essere spulciati durante le uscite con i babbuini e di camminare con i ghepardi. Per tutta la mia permanenza, ho avuto un Herpes virus labiale enorme e ben visibile. Bene, questo virus è asintomatico per l’essere umano ma può essere letale per le scimmie. Nessuno dei responsabili mi disse niente. Nessuno dei veterinari e dei coordinatori dei volontari mi disse che non avrei dovuto interagire né avvicinarmi a questi animali. Tornata a casa, dopo qualche mese scoprii dai social che una delle scimmiette con cui avevo dormito era morta. Sarà stata colpa mia? Sarà stato il mio Herpes?” Queste domande ancora oggi mi tormentano. Ancora non riesco a perdonare quel falso santuario, che teneva decine e decine di babbuini dentro gabbie minuscole, che si riforniva di cuccioli sempre nuovi, che reclutava volontari inesperti, veterinari incompetenti, che ancora oggi guadagna migliaia di dollari sulla pelle degli animali. Una volta a settimana, ci facevamo spulciare durante il “grooming” da babbuini giovani, che venivano bastonati se cercavano di scappare. Un’attività estremamente pericolosa per noi e per loro, vista l’aggressività dei babbuini e l’inutilità di far fare grooming a volontari che non hanno nessun ruolo nel loro gruppo sociale, oltre al rischio di trasmissione di zoonosi (malattie). Questi falsi santuari, tra Africa, Thailandia, Sudamerica e USA sono ancora purtroppo molto frequenti e la possibilità che i turisti vengano fregati è sempre molto alta. Per questo bisogna fare attenzione e avere senso critico. Sempre più turisti in tutto il mondo, stanno prendendo coscienza di cosa si cela dietro questo tipo di turismo non etico, ma come possiamo immaginare, le possibilità di prendere parte a questo tipo di attività sono tantissime e proprio per questo è importante partire consapevoli e preparati, cercando di selezionare le strutture di turismo etico più serie a cui donare tempo, energie e, molto spesso, soldi. Dobbiamo fare attenzione agli approcci “hands on” in cui ai turisti o ai volontari viene permessa l’interazione con gli animali selvatici (alimentazione, carezze, lavaggi, interazione varia). Anche nel caso ci siano individui che abbiano bisogno di cure veterinarie quotidiane, queste non possono essere affidate a persone inesperte, turisti e volontari che saranno lì per poco tempo. Facciamo attenzione quindi a non collaborare con una struttura che specula sulla pelle degli animali ospitati e che non si preoccupa abbastanza del loro benessere. Diffidiamo dalle strutture che ci permettono di toccare gli animali selvatici e/o che hanno cuccioli e piccoli: c’è evidentemente qualcosa che non va!
Chiara in Africa | Guida Safari
Chiara in Africa | Guida Safari

Cosa significa fare divulgazione scientifica e come si può preservare il benessere faunistico?

Fare divulgazione vuol dire studiare. Tanto. Leggere, documentarsi. Studiare articoli scientifici, libri, saggi sul benessere animale e la conservazione e poi vuol dire rendere questi temi così difficili, facili e ‘potabili’ per il grande pubblico. Vuol dire spendere infinite di ore
per fare video, articoli, post per educare le persone. Vuol dire lottare ogni giorno per gli animali, da casa, dal computer, dal cellulare, facendosi venire il mal di stomaco per la mancanza di apertura mentale delle persone che rimangono radicate nelle loro teorie alternative senza basi scientifiche. Farsi venire l’ulcera per tutte quelle volte che provi a spiegare il benessere animale a chi ha in mente solo il suo desiderio egoistico di “nuotare con un delfino” o “accarezzare un tigrotto”, e vi assicuro che far comprendere a Zia Maria che baciucchiare una scimmia è innaturale e insano per l’animale è la cosa più difficile del mondo: perchè zia Maria ama gli animali e nel suo buon cuore non capisce perchè non possa dimostrarglielo alla scimmietta. Farle capire che la scimmia in Natura, se libera e sana non si avvicinerebbe mai a lei e che quindi se lo fa in cattività c’è qualcosa di sbagliato, è una delle cose più difficili di questo lavoro e del turismo etico.
Come si può preservare il benessere animale favorendo un turismo etico e responsabile? Conoscendo gli animali. Conoscendo le loro caratteristiche comportamentali, biologiche ed evolutive e pensare in modo eco-centrico (la natura in centro) e non in modo antropo-centrico (l’Uomo al centro). Mettere da parte i nostri desideri egoistici e pensare al benessere dell’animale, davvero, nel suo essere animale libero.
Parlaci di “ETICOSCIENZA” e dei vostri prossimi progetti di turismo etico…. 
Abbiamo fondato ETICOSCIENZA subito dopo la laurea in etologia. Ci siamo resi conto, di quanto in Italia ci fosse un’etologia da una parte eccessivamente animalista e ascientifica che calpestava i principi di conservazione e ambientalismo e dall’altra parte c’era invece un’etologia utilitaristica che pensava solo al profitto e che per esempio appoggiava i circhi con animali, calpestando completamente l’idea di benessere animale. Abbiamo quindi voluto creare un’etologia nuova, che sposa i concetti di benessere animale, ma anche di etica, ambientalismo e scienza. ETICOSCIENZA si propone di svolgere servizi nei settori della formazione, divulgazione scientifica, eco-turismo, educazione ambientale, ricerca scientifica, volontariato naturalistico ed attività culturali. L’Associazione basa tutte le sue attività sui principi che riguardano l’Etologia Etica®, che è una disciplina scientifica che si occupa di tutte le questioni morali e zoo-antropologiche (rapporto uomo-animale) che coinvolgono la fauna e la Natura più in generale. Si tratta di un nuova materia multidisciplinare che ha l’obiettivo di studiare il corretto e rispettoso approccio tra gli umani e gli altri animali.
I nostri progetti futuri sono la pubblicazione del libro sul turismo, continuare a scrivere articoli scientifici e fare progetti di educazione ambientale e io chiaramente inizierò a portare le persone in Africa a fare viaggi di turismo etico.
Ricordiamoci che un fucile può sconfiggere un bracconiere…ma la voce può sconfiggere il bracconaggio ed è per questo che dobbiamo puntare tutto sull’educazione: perché non esiste conservazione, senza educazione!

Grazi mille Chiara per questa storia interessantissima e tanti spunti di riflessione sul turismo etico e responsabile.

Contatti

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